Elpis - Ispirato al mito del vaso di Pandora - Tratto da "Nutrimento per l'animo - Flussi di parole confuse" (Jennifer Di Giovine)
Ciò che dal cielo stellato e dalla dea primordiale nacque, dell'originaria divinità della fertilità, del tempo e dell’agricoltura era progenie e della titanide “Rea” d’aver salvato il fortunato Zeus scampato all'appetenza vendicativa del padre suo timoroso per la raccapricciante profezia che s’avverò, rendendo il giovane Zeus il Signore degli Olimpi reggenti sul monte sede degli Dei. La vendetta del Dio del cielo e del tuono s’avverò quando Pandora, sua abile creazione, il lucente scrigno scoperchiò. Con le gentili mani accarezzava la dorata superficie ricamata di Sole e Mare dalle umane fattezze. Dato che resistere non può la rossa cinghia di tessuto sfila goduriosa per la sua insaziabile, frenetica curiosità che Zeus livoroso, abilmente grazie ad Ermes in Pandora innocente insidiò. La candida pelle livida diventò quando in causa del male dell’uomo si trasformò: l’anfora in terracotta sigillata in rossa ceralacca partorì fatica, malattia, odio e vecchiaia. Venne fuori poi la pazzia, l'invidia, la passione, la violenza e la morte che, sibilline sussurranti, la dolce fanciulla ammaliarono facendole conoscere quel tetro dualismo che dell’uomo è proprio. La sapiente trappola dall'incontaminato aspetto di foglie d'alloro e gusci di lumaca era ornata; solo quando Speranza pregò la fanciulla di tirarla fuori, di luce propria l’orcio tornò a risplendere e il fresco profumo del nobile Laurus si rinnovò. Ma chi la chimerica fiducia per l’essere da Prometeo tanto amato in quell'elegante vaso aveva imprigionato? Gaia dei titani progenitrice, risentita dal malvagio trattamento che Zeu pater ai suoi figli aveva riservato, con Era vendicativa sovrana dell’Olimpo che gelosa era dei perenni tradimenti del consorte, un accordo aveva stilato. Grazie al favore di Efesto, dio del fuoco, delle fucine, dell’ingegneria, scultura e metallurgia, rancoroso nei confronti del padre, nella piccola anfora la speranzosa virtù aveva miscelato alle voci di morte e dolore che sensuali apparirono all'orecchio della fanciulla con ardore. Ma le feconde genitrici che già rivendicazione assaporavano, dell’astio di Efesto nei confronti di Era e Afrodite avevan dimenticato il quale, il serpente tanto da Era adorato, sotto forma di nastro rosso aveva mutato. In apparenza solo guarnizione a chiusura del vaso era addobbato ma, quando la disgraziata Pandora la trappola aveva scoperchiato, nello squamato rettile si è trasformato. Dapprima la donna morse per poi fuggire silenziosamente nelle strade del mondo per diffondere nell'essere umano una consapevolezza vitale: nonostante il male, degli Dei bisogno l’uomo non aveva ma, grazie ad impegno, cuore e intelletto, le riprovevoli virtù dal vaso fuoriuscite potevan contrastare. Anche alla morte se, nella fede di una rinascita, iniziavan a sperare. Le risa accanite di Efesto deliziate ancora risuonano nelle viscere del rombante Etna per aver soggiogato le divinità che, con astuzia, ad una triste fine aveva condannato.
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Per questo umile tentativo, frutto di un gioco il cui
obiettivo era solo quello d’immaginare una sorta di “sequel” del mito del Vaso
di Pandora – leggendario contenitore di tutti i mali, devo ringraziare
l’artista Vittorio Di Giovine che mi ha concesso d’ispirarmi ad uno dei suoi
bellissimi capolavori.
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Jennifer